Produttività nel mondo delle costruzioni, l’analisi del Cresme

Sei anni fa, Paul Teicholz, direttore fondatore di CIFE alla Stanford University, ha scritto un articolo sul tema della produttività del lavoro. Durante questi anni, ci sono stati molti cambiamenti nell’industria AEC (Architecture – Engineering – Construction) che hanno avuto il potenziale di incidere sulla produttività del lavoro, compreso il crescente utilizzo delle tecnologie BIM e i processi collaborativi. Ora le resistenze del mondo delle costruzioni all’aumento della produttività e all’innovazione sono state approfondite in questo recente intervento di Lorenzo Bellicini, Direttore del Cresme (Centro ricerche economiche e sociali del mercato dell’edilizia).

La scarsa produttività del settore delle costruzioni è una delle grandi questioni che ne condizionano lo sviluppo e il rapporto con l’innovazione. Una questione che diviene più importante ora che si è avviato il settimo ciclo edilizio dal secondo dopoguerra. Non è un caso che numerosi siano gli studi che si sono sviluppati su questa tematica a livello internazionale e che dimostrano come la produttività delle costruzioni, misurata dividendo l’output del settore a valori costanti per le ore lavorate, non solo resta molto bassa ma soprattutto peggiora nel tempo. Negli Stati Uniti tra 1964 e 2012 la produttività delle costruzioni diminuisce del 10%, mentre negli altri settori industriali cresce del 200%. I risultati sono simili per altri paesi come il Regno Unito, La Finlandia, la Germania, solo per fare qualche esempio. E naturalmente per l’Italia. Ma quali sono i fattori che frenano lo sviluppo della produttività delle costruzioni? E che ne minano in fondo il rapporto con l’innovazione? Per rispondere a questa domanda, spiega Bellicini, dobbiamo fissare alcuni caratteri strutturanti di questo settore, esaminando e integrando alcune considerazioni svolte da Paul Teicholz, in Labor-Productivity Declines in the Construction Industry: Causes and Remedies (Another Look) nel 2013.

A differenza degli altri settori industriali, l’industria delle costruzioni realizza prodotti unici, costruiti da soggetti diversi, in posti diversi, con condizioni climatiche e normative diverse. Potremmo dire che è un industria di prototipi. Vi sono quindi fattori strutturanti che rendono difficile il processo di ottimizzazione della conoscenza nel processo produttivo. L’impiego di metodi intensivi di capitale innovativi potrebbe non funzionare su progetti futuri, sottoposti alla estrema variabilità della domanda. Vi è la necessità di approcci flessibili che riducono al minimo il rischio invece che la ricerca della soluzione più efficiente per il caso particolare. Questa caratteristica base comporta anche forti resistenze al cambiamento, perché i benefici del cambiamento non possono essere realizzati nelle fasi prototipali, e richiedono più applicazioni nel tempo per ottenere un ritorno dall’investimento necessario per il cambiamento.

Il sistema di approvvigionamento delle costruzioni, la sua filiera, è basata sulla competitività invece che sulla collaborazione. Vi è spesso una mancanza di integrazione tra progettazione e costruzione, e scarsa collaborazione tra i membri dei diversi attori della filiera che operano sul cantiere (squadre specializzate in subappalto). Errori, omissioni e modifiche sono spesso presenti, anche perché i subappaltatori beneficiano proprio di varianti e errori. Il risultato di questo modo di operare sono opere extra-budget, spesso in ritardo. Non è sorprendente che la produttività del lavoro soffra in queste condizioni. L’errore è una variabile rilevante nel modello di redditività del settore, e la complessità lo rende possibile.

Il settore delle costruzioni fa un cattivo utilizzo dei dati, che sono basati in gran parte su documenti cartacei prodotti da un team progettuale molto frammentato. Il settore delle costruzioni è caratterizzato dall’uso di documenti cartacei prodotti da architetti e designer che lavorano in modo indipendente e non sono in grado di prevedere i molti problemi di un progetto che emergono nella fase della costruzione; questo porta a forti difficoltà nell’attività di coordinamento e gestione del lavoro. Ci sono significativi costi aggiuntivi da affrontare per risolvere i problemi dovuti alle informazioni non congruenti che derivano da piani progettuali indipendenti, e che si traducono in errori, omissioni, lavoro extra, reclami nella fase di cantiere.

Il mercato delle costruzioni è caratterizzato da forti ciclicità, sia nel micro che nel macro. Le ciclicità sono sia generali, nel senso della fasi cicliche del mercato sia puntuali per la singola impresa, che è condizionata dalle dimensioni dei lavori che è in grado di acquisire. Questa forte ciclicità tende a tenere con il freno a mano tirato gli investimenti in beni strumentali e nella prefabbricazione, dato che questi investimenti non potrebbero essere utilizzati nel corso di una fase ciclica recessiva. Questo carattere rafforza l’utilizzo di metodi produttivi basati su una alta intensità di lavoro, che per sua natura, nelle costruzioni è flessibile: per migliorare le performance produttive il settore tende a ridurre la formazione della forza lavoro e a impiegare la manodopera più economica disponibile.

Ma vi sono, almeno altri due aspetti che rendono il settore delle costruzioni un settore caratterizzato da bassa produttività sui quali è necessario riflettere, aggiunge ancora Bellicini. Il primo sta nel fatto che è un settore caratterizzato da molte microimprese che svolgono una percentuale significativa del lavoro. Il settore delle costruzioni è caratterizzato in tutti i paesi, per la natura stessa del suo mercato, da un gran numero di piccole imprese e da un numero relativamente piccolo di grandi imprese (che possono essere anche molto grandi). Anche negli Stati Uniti: nel 2007, circa il 62 per cento delle imprese aveva 5 o meno di 5 dipendenti e generava circa il 10% del volume d’affari. Le imprese con meno di 49 dipendenti, rappresentavano il 96,7% delle imprese di costruzioni americane, e il 51% del fatturato. Il restante 3,3% delle imprese copriva il 49% del mercato. In Italia le imprese iscritte alle Camere di Commercio a ottobre 2015 sono 774.000 di cui 532.000 artigiane. Le imprese più piccole (molte con un solo dipendente) hanno difficoltà ad adattarsi ai metodi intensivi di capitale, anche perché non hanno la capacità economico-finanziaria- culturale per fare gli investimenti necessari. Inoltre, vi è un notevole turnover tra le imprese di piccola dimensione e questo rende più difficile l’implementazione di innovazione.

E’ un settore dove una parte rilevante del mercato è fatta di ristrutturazione delle strutture esistenti e non di nuovi lavori. Una notevole quantità di lavoro nel settore delle costruzioni è fatto di riqualificazione e ristrutturazione di patrimonio esistente. Si tratta di attività svolta in condizioni particolari, basti pensare alle dimensioni dei cantieri, ai nodi di accesso e sicurezza. “Potrebbe sorprendere alcuni lettori – scrive Teicholz rispetto agli Stati Uniti- vedere che le nuove costruzioni rappresentano solo il 65% del volume totale del mercato, ma questo è il segmento che riceve più attenzione dalla ricerca e dalla stampa specializzata”. Sappiamo che in Italia più del 70% del mercato delle costruzioni è rappresentato da interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria; e che in Germania e Danimarca supera il 60%. Su 165,5 miliardi di euro del valore della produzione delle costruzioni. Detto dall’altro punto di vista in Italia nel 2015 solo 42,7 miliardi di euro su 165,5 (il 25,8%) sono legati alle nuove costruzioni. E’ evidente che l’attività di riqualificazione presenta, per le sue caratteristiche e per le sue dimensioni, aspetti di ottimizzazione più complessi rispetto a quelli della nuova costruzione. Le caratteristiche del settore delle costruzioni determinano quindi elementi di partenza assai più complessi di quelli di altri ambiti di attività, rispetto ai processi evolutivi.