Come cambiano le città dopo la pandemia da Covid-19

“Siamo in una situazione di incertezza radicale e non è facile orientarsi nel capire cosa succederà nelle città a seguito della pandemia del COVID-19. C’è una crisi che colpisce molti settori dell’economia, c’è una corsa da parte di molte città a sperimentare adattamenti e misure di emergenza per consentire distanziamento e sopravvivenza della vita urbana. Ci sono posizioni molto diverse sia sulla probabile durata della pandemia, sia sulla necessità di modificare il modello di sviluppo che ha portato a questa ennesima crisi fondata su una globalizzazione sfrenata, sull’ipersfruttamento dell’ambiente, su una crescente disuguaglianza. Ha commentato così il professor Alessandro Balducci del Politecnico di Milano intervenuto al 28mo Forum “Après le déluge” organizzato da Scenari Immobiliari, in programma oggi e domani a Santa Margherita Ligure

“La Fondazione Enrico Mattei ha lanciato una survey fra 25 esperti provenienti da 20  città globali di ogni parte del mondo sugli effetti che il COVID-19 avrà sulla vita delle popolazioni nelle città. Mi è capitato di partecipare al panel ed ho seguito con interesse le diverse fasi della ricerca; mi sembra importante riportare alcune riflessioni a partire  dai risultati dei quali è stata resa pubblica una sintesi (https://www.feem.it/en/news/feem-presents-which-future-for-the-cities-after-covid-19-an-international-survey-/). La ricerca è stata promossa da quattro noti colleghi che hanno o hanno avuto importanti posizioni: Francesco Bandarin, (UNESCO), Enrico Ciciotti, (Università Cattolica di Piacenza), Marco Cremaschi, (Sciences Po, Paris) e Paolo Perulli, (Università del Piemonte Orientale)”.

“Significative le convergenze tra esperti che provengono da Nord e Sud America, dall’Europa, dall’Africa e dall’Asia. Si parte dalla considerazione che le città sono state in prima linea nel far fronte alla crisi, come soggetti più vicini al cittadino, che hanno dovuto rispondere ai bisogni della popolazione, far rispettare le drammatiche chiusure imposte dal lockdown, promuovere la riapertura ed il rilancio della vita economica e sociale.In un momento in cui il dibattito sembra polarizzato fra catastrofisti e negazionisti gli esperti convergono sul fatto che un cambiamento profondo è avvenuto, che questo cambiamento produrrà a lungo effetti e che le città sono la risposta al problema, non sono il problema”.

“Ci vorranno 2-3 anni per uscire dalla crisi – ha proseguito Balducci –  ma altre minacce possono incombere per i legami delle questioni legate alla pandemia con quelle legate al cambiamento climatico ed alla crisi ambientale. Alcuni grandi fenomeni sembrano del tutto evidenti, come il crescente ruolo del pubblico, dopo una lunga fase di sua riduzione, la nuova integrazione fra fenomeno urbano e mondo digitale in una ricombinazione che ha subito una straordinaria accelerazione. Sono cambiamenti che richiedono alle città di rafforzare la propria resilienza, la preparedness di fronte all’imprevedibilità degli eventi. Le città rimarranno attrattive, ma dovranno ridefinire l’alleanza tra luogo e rete, dimensione fisica e digitale delle relazioni, spazio urbano ed infrastrutture”.

“Le domande sono state sottoposte agli intervistati su 12 temi. L’accesso a beni e servizi, che vedrà la forte espansione dell’acquisizione a distanza di beni e sevizi, dall’insegnamento, agli acquisti on line, con la necessità di investimenti nella logistica e nella infrastruttura informatica; con l’emergere di una aumentata disuguaglianza legata al digital divide.
I trasporti, che vedranno grazie al telelavoro la riduzione della mobilità obbligata, la riorganizzazione del trasporto pubblico, la crescita di forme di mobilità individuale potenzialmente più sostenibili. Il Turismo, che soffrirà una crisi profonda in particolare nei suoi comparti di massa, con effetti drammatici su alcuni settori (trasporto aereo e navale) e sulle città in questo specializzate, ma che anche vedrà riemergere un turismo domestico, meno massivo. La Cultura, che subirà anch’essa una crisi profonda di tutto il settore museale e dello spettacolo, muovendosi verso l’on line e tutti i luoghi che consentiranno distanziamento e rispetto delle precauzioni sanitarie”.

“Altro tema è la casa e i servizi, un problema già molto presente prima della crisi, che si acutizzerà, producendo una moltiplicazione della domanda di assistenza da parte delle popolazioni più vulnerabili, che vedrà un aumento degli homeless, che si porrà in modo drammatico negli insediamenti informali dei paesi più poveri. I servizi sanitari, quelli sui quali la pandemia si è abbattuta trovando il sistema in gran parte impreparato, afflitto dai molti tagli al bilancio perpetrati negli anni, che dovrà fare i conti con la necessità di un ritorno alla ridondanza, a ricostruire presidi decentrati legati alla prevenzione, a riportare nei diversi paesi la produzione del materiale medico indispensabile che la globalizzazione aveva concentrato solo in alcuni luoghi. L’organizzazione del lavoro, con l’espansione del lavoro non manuale on line che richiede potenziamento delle infrastrutture e con la sostituzione  e la automazione del lavoro manuale ripetitivo, che però occupa fasce importanti di popolazione a basso reddito accentuandone le difficoltà”.

“tra i temi anche I sistemi di produzione, che segneranno una crisi del passato modello di globalizzazione, il riavvicinamento delle catene di produzione, la ridefinizione delle alleanze commerciali e dei sistemi di logistica che diventeranno centrali. Il consumo, che vedrà effetti di riduzione di fronte alla crisi, di sviluppo potente dell’on-line,  di crisi della grande distribuzione, ma anche di recupero del commercio di quartiere. L’urbanizzazione, che come detto non vedrà una crisi delle città, ma offrirà necessità/opportunità, di ristrutturare le città per quartieri,  di portare urbanità in aree suburbane o interne, di affrontare i problemi della riqualificazione negli insediamenti informali dei paesi più poveri dove il distanziamento fisico è difficile con situazioni di estremo pericolo. Infine la Governance, che ha  mostrato tutti i suoi limiti di fronte alla crisi e che richiede di essere ripensata con un ridisegno dei rapporti tra istituzioni e società civile”.

“Questi i temi che ho cercato di sintetizzare in poche righe costruiscono una vasta agenda  che chiede alla azione pubblica di affrontare l’insieme delle situazioni di crisi provocate o rese evidenti dalla pandemia. In una parte finale sulle implicazioni di policy desumibili dalla survey i promotori mettono in evidenza in primo luogo come alla luce di quanto è avvenuto acquista un nuovo senso  molto concreto l’obiettivo 11 degli SDG delle Nazioni Unite: rendere le città Inclusive, sane, resilienti e sostenibili. I temi emersi  dalle risposte degli esperti traducono quell’obiettivo in un insieme di linee di intervento: case e servizi sani ed accessibili, trasporti sostenibili, urbanizzazione sostenibile e partecipativa, protezione e salvaguardia del patrimonio, attenzione alla qualità dell’ambiente,  ridefinizione del rapporto tra locale e globale, ecc”.

“La novità, sottolineano i promotori, è l’approccio globale centrato sulle città, che sono attori capaci di muovere le leve necessarie ad uscire dalla crisi legata al COVID-19 non soltanto tamponando le ferite, ma anche costruendo le condizioni per un miglioramento delle condizioni di vita nelle città. Una strategia che deve essere basata su un maggiore orientamento verso i mercati interni e la risposta ai bisogni dei cittadini, su un uso della tecnologia al di là della retorica della smart city;  su una nuova forma di pianificazione non dirigista, capace di far lavorare assieme istituzioni, università, imprese con le organizzazioni della società civile, e che deve essere in grado di esplorare modelli di governance che uniscono le spinte provenienti dal basso integrandole in un quadro più generale”.

“Si tratta, come si vede, – ha concluso Balducci – di uno scenario ricco di spunti per definire  una ‘avenue of escape’  dalla crisi attuale fondata su città più abitabili, più locali che globali, meno diseguali, più flessibili, più capaci di adattamento, con un uso migliore dello spazio pubblico, con una riscoperta della prossimità ed una piena scoperta di tutto quanto può essere fatto in rete  dal telelavoro al rafforzamento di comunità a distanza,  con una grande attenzione alla qualità ambientale. Sono temi che potrebbero riguardare da vicino i grandi investimenti anticiclici che vedranno impegnati i diversi paesi nei prossimi anni”.

Alessandro Balducci è architetto e Dottore di Ricerca in Pianificazione Territoriale. E’ professore ordinario di Pianificazione e Politiche Urbane e membro del collegio del Dottorato in Urban Planning, Design and Policy. Ha diretto il progetto sulle fragilità territoriali del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani. E’ stato fondatore e primo presidente di Urban@it, il  Centro Nazionale di studi per le Politiche Urbane. Nel 2015-2016 è stato Assessore all’Urbanistica e all’Agricoltura presso il Comune di Milano. Dal 2010 al 2015 è stato Prorettore Vicario del Politecnico di Milano e Direttore del Dipartimento di Architettura e Pianificazione del Politecnico di Milano (2001-2008), Presidente dell’ AESOP, la Associazione delle Scuole Europee di Pianificazione (2001-2004), membro fondatore della European Urban Research Association (EURA) e Segretario Nazionale della SIU, la Società Italiana degli Urbanisti (2010-2014). Ha diretto ricerche di interesse nazionale ed europeo ed  è stato responsabile di diversi piani e progetti in Italia all’estero (Shanghai, Xi’an, Dubai). Ha insegnato alla Facoltà di Architettura di Pescara (1992-1995), è stato visiting scholar presso l’Università di Berlekey, USA, e visiting professor alle Università di Reims, Francia, Tongii University Cina, Aalto University di Helsinki, Finlandia, il MIT Cambridge, USA, e alla Accademia di Architettura di Mendrisio, Svizzera. E’ autore o curatore di libri (22), vari articoli e saggi in Italiano e in Inglese.